Friday, May 16, 2014

Lui (un repost dal 2011)


Lui.

E' imprevedibile, Lui. 
Lo nomino al maschile, non sono sicuro del suo sesso, non credo ne abbia uno. E non credo abbia importanza. Facile dire che non ricordo esattamente quando mi sono accorto, per la prima volta, di Lui.
Credo sia stato durante i primi anni di scuola, le mie elementari in bianco-e-nero. 
Papone con la cravatta e una camicia grande quando un lenzuolo King Size, mamma con i denti in fuori, sorella-bambola a fianco, assoluta mancanza di aggeggi elettronici in casa, a parte una televisione ritardata (partiva prima il sonoro e poi - dopo minuti - le immagini) e un giradischi con chassis in legno, marca GRUNDIG, con il selettore in bachelite per i dischi da 33 - 45 - 78 giri. Quel giradischi mi ha accompagnato dai quarantaquattro gatti a Emerson, Lake & Palmer. Niente male.
Insomma, anni sessanta, verso la fine. 
Eravamo a scuola. Dovevo recitare una poesia. Scelsi il Carducci. Mi piaceva, Giosuè: "Il divino del pian silenzio verde". Sentivo - durante la lettura -  che mi si gonfiavano gli occhi come due spugne intrise nel lavello, e che rigorosamente nascondevo in clandestinità perché - cazzarola - l'uomo vero non piange (o almeno, i miei compagnucci delle elementari così dicevano, e io ci credevo).

Gabriele, vieni alla cattedra.

Ecco, toccava a me. La fila dei banchi sembrava non avesse mai fine, un regolare mosaico rigatosbiaditosempreuguale, da cui sentivo il bisbigliare dei primi chiacchericci maliziosi - l'ha chiamato - tocca a Gabriele - va alla lavagna.  
Mi girai verso la classe, e Lui si manifestò. Forse non per la prima volta, ma per la prima volta ne sentii la presenza certa. Gli occhi dei compagni di classe sembravano divertirlo ed incitarlo a far di meglio. Cosa che fece. Il mio viso diventò una variante interessante del rosso Sangria. 
Lui fece del suo meglio per farmi balbettare e rendere la mia voce insipida, incolore e monotona, ma non mi sconfisse. Andai avanti, e completai il bucolico poema con appena un po' di fiatone, ma (importante) senza la voce rotta.
Quell'evento mi segnò. Almeno un pochino. Capii molte cose, tra cui:
Dovevo assolutamente proseguire con la lettura di poesie. La voce non era un gran che, ma sentivo che la poetica mi stimolava a prendere i sette chili di Zingarelli, scorrere le parole che non conoscevo e giocare a becca la parola più buffa.
Diventavo rosso. Un effetto collaterale che lui rilasciava a comando, nelle situazioni in cui tale tinteggiatura era più indesiderata. Avrei (più tardi) scelto l'hobby del cantante rock proprio per esorcizzare questo virage, ricreando in ogni concerto la situazione della mia classe delle elementari per sconfiggere Lui e i suoi dannati trucchetti.
La cosa più importante: Lui esisteva, e ne avevo avuto la prova. Forse non l'avevo veramente sconfitto, ma il riconoscere la Sua esistenza era il primo passo per evitare le Sue trappole (parafrasando Frank Herbert).
Da quel giorno imparai - ogni volta - a combatterlo, controllarlo, addomesticarlo, a ridurre la sua influenza: ecco perché - nonostante io sia introverso e fondamentalmente riservato - non mi tiro indietro nel parlare in pubblico, nel condurre seminari e presentazioni, nel suonare musica ad alto voltaggio davanti a centinaia di persone. Significa affrontarLo al meglio per poterLo sconfiggere. E quasi sempre ci riesco.

Era qualche tempo che non mi faceva visita. Non mi ero scordato di Lui, ma forse avevo sottovalutato la Sua resilienza. 
E, durante una lezione di Karate Shinseikai, è ritornato.
Credevi fossi scomparso? Ride.
Subito dopo il comando Yoi, nella posizione di pronto per eseguire una tecnica, ho sentito la Sua presenza, e l'ho riconosciuto. E' sempre Lui.

Chi è Lui?
Una specie di morsa al cuore che rende il respiro più sottile, ed i pensieri sfocati. 
Il vapore che si deposita sul vetro della finestra, e rende il paesaggio non distinguibile proprio quando ti viene chiesto di descrivere i dettagli di quello che hai davanti. 
La smemorina del Dojo quando hai bisogno di tutti i tuoi ricordi.
Il sussulto di un errore che rende l'errore ancor più palese.

Sono alla sequenza numero cinque. La sequenza numero sette (il mio primo esame Shinseikai) è vicina, molto vicina, e Lui - forse - potrebbe pregiudicarne l'esito. Ci ho pensato su, e stavolta non cercherò di combatterlo. So che Lui sarà con me per sempre, anche durante l'esame. Tanto vale accoglierLo e proporre una pacifica convivenza. Chissà, magari mi darà una mano. Gli aprirò la porta (ciao, fratello!), gli darò un sincero abbraccio, un sorriso sornione e lo convincerò a mettersi di lato, non davanti.

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