Wednesday, December 15, 2010

Un racconto Shinseikai: i tre cercatori.

A volte si incontrano storie così intense che sembrano scritte per romanzi stampati su carta di second'ordine. E se anche il genere - commedia, tragedia, satira - viene dimenticato, e il finale lasciato nello scantinato dei ricordi - l'assassino è il maggiordomo - qualcosa comunque ci rimane dentro.
Non sappiamo bene cos'è, non sappiamo descriverlo adeguatamente, ma ci da fastidio quel sassolino nel cuore che lascia effetti collaterali strani e inaspettati, come gli occhi umidi, una discreta difficoltà nell'esprimersi correttamente e un tumulto interiore a prova di mille camomille.
Questa è una di quelle storie. Ve la racconto così come l'hanno raccontata a me, e la persona che me l'ha raccontata non è un tipo affidabile, per cui prendere o lasciare.
E' ambientata in un paese lontano, dove non c'è una sola lingua ma tanti idiomi e tante maniere per dire quello che, nel mio paese, si dice con una sola parola. E, senza ulteriore indugio, eccola qui.


Qualche tempo fa, in un posto in capo al mondo, ho conosciuto un gruppo di Cercatori, che aveva lo scopo di snasare, trovare ed impossessarsi di qualcosa che non era possibile trovare nel proprio paese. I Cercatori erano in tanti: io me ne ricordo tre.
Uno era soprannominato il Maestro, praticava una disciplina dura, era sempre in movimento e alle volte lo vedevi correre. Dico, non riuscivi proprio a vederlo. Era una macchia sfocata, subito sparita, ma lo sapevi che era lui.
Uno era soprannominato il Profondo, sapeva scendere nelle profondità della terra, dove c'è solo calore, lava e morte, e riusciva sempre a cavarsela. Aveva due mani come due badili, e le usava per andare giù e per tornare su.
Uno era soprannominato il Cantore, sapeva descrivere le cose con liriche e poesie, a giocava sempre a far le rime. Di quello che scriveva uno teneva e dieci buttava. E se gli chiedevi "Perchè butti quel che scrivi" rispondeva "Perché è già scritto".
Me li ricordo bene, erano tre spilungoni, ma diversi. Quelle rare volte che entravano in locanda insieme gli inservienti facevano segni strani riguardo la loro altezza.
E proprio una sera d'inverno li incontrai in una taverna, mangiavano una zuppa calda.
Chiesi di accomodarmi, e mi offrirono il loro piatto. Inchinai il capo per ringraziare, e dopo aver finito la mia razione chiesi loro cosa cercavano.
Il Maestro disse "Cerco il mio limite. Cerco di capire quello che valgo. Cerco di migliorarmi e nuove maniere per arricchire la mia disciplina ed essere un Maestro migliore".
Il Profondo disse "Cerco una strada nuova. So scendere all'inferno e risalire, e anche se rischio la vita ogni volta vorrei capire se esistono altre strade da percorrere".
Il Cantore disse "Cerco l'ispirazione per scrivere qualcosa che posso rileggere. Cerco di scrivere qualcosa che possa ispirare anche gli altri".
Guardammo il fuoco nel camino, per un po', e poi ci si salutò per coricarci.
Non li vidi più per diverso tempo.
Tornai alla taverna molte volte, chiesi di loro, ma non li trovai.
Passò la stagione del freddo e delle piogge, ed arrivò quella dei fiori. E, una sera, trovai il Maestro, il Profondo ed il Cantore allo stesso tavolo, ma con il camino spento.
Erano proprio loro, ma avevano un'altra aria. Erano diversi. Chiesi se potevo sedere al loro tavolo, e feci portare tre piatti in tavola per sdebitarmi della loro gentilezza invernale, sorrisero ed accettarono l'invito.
Quando ebbero finito di mangiare si confidarono.
Il Maestro, a bassa voce, disse "Ho cercato e trovato il mio limite, l'ho superato tra mille e trenta avversari, difficoltà e dolori, e ho capito qual è il mio prossimo ostacolo da superare: un nuovo limite che scruta il vecchio limite come se fosse un infante".
Il Profondo, guardando la finestra, disse "Ho trovato una strada nuova, e va verso l'alto, non dove c'è roccia e lava e morte, ma verso le cime della montagna, tra nuvole e acqua, e sarà ancora più difficile da percorrere".
Il Cantore rimase in silenzio. Prese un foglio di carta, ed iniziò a scrivere: "Ho accompagnato il Maestro ed il Profondo nelle loro avventure, cercando l'ispirazione. Ho trovato storie, gioie, lacrime, persone. Ho trovato così tante cose che le parole non mi sembrano abbastanza."
Li vidi uscire, uno ad uno, con espressioni differenti, lunghi come tronchi d'albero, e mi domandai cosa chieder loro quando li avrei rivisti.


Dicevo, quello che mi ha raccontato questa storia non è uno affidabile. E' uno che gira per taverne. Ma la storia sembra credibile. Ho chiesto ad un mio amico, un bravissimo disegnatore, di tenere gli occhi aperti, tante volte li trovasse insieme da qualche parte.
Se li troverà, mi farà un disegno, così avrò la prova che i Cercatori esistono e che stanno inseguendo qualcosa che non è solo la loro ombra.


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