Saturday, October 2, 2010

Il Dono.

2 Ottobre 2049

Caro diario,
la scorsa settimana ho ricevuto un breve messaggio dall'avvocato di mio nonno che diceva di chiamarlo per avere notizie sulla scatola, cosa che ho fatto quasi subito dopo. L'avvocato è un ometto fine come una matita che indossa sempre lo stesso vestito tetro e retro. 

Mentre parlavo con lui all'Oloconf, i miei pensieri andavano in direzione della mia agognata vacanza post-diploma, e non certo ad una stupida scatola lasciata in eredità da mio nonno, andatosene un paio di settimane fa (beato lui, nel sonno), e chiusa da un lucchetto le cui chiavi sono in mano all'ometto-matita.

Peraltro, mio nonno era un gran rompicoglioni, tirchio come un cardo - ha lasciato i suoi averi ad una strana fondazione - e c'erano fin troppe persone al suo capezzale (figli e nipoti) cercando di scambiare battute sociali col morto in casa. Evitato.
E quindi la domanda è: cosa c'entro io con quella scatola, visto che

Punto Uno non me lo sono mai filato, 
Punto Due non sono neanche l'ultimo dei suoi nipoti (Alexito Jr. ha 14 anni e da come cresce diventerà un FdM certificato e garantito prima di quelli della sua generazione) e 
Punto Tre sono il nipote che ha visto meno di tutti, con cui ha parlato meno di tutti, e quello che meno di tutti si fa notare. 

Non ho i capelli verdi di Melania, non ho 74 piercing come Molosso, non sono diventato famoso come Xandros, non sono emigrato all'estero come Marcolino. Perché a proprio me? Gli altri mi guardano in cagnesco. Mancava solo questa.

5 Ottobre 2049

Caro diario,
delusione estrema. Sono andato dal lapis, che ha aperto la scatola, grigia, anonima, con dei segni strani sopra scritti in verticale. Ne ha tirato fuori un libro. UN LIBRO. Grigio, anonimo, con gli stessi strani segni riportati in verticale.
...
Poteva almeno lasciarmi un lingotto di iridio, il vecchiopirla. 
Il disappunto è stato così grande che ho preso due Serenax per dormire e ho passato il resto della serata davanti alla NeuroVisione.

7 Ottobre 2049

Caro diario,
ieri ho aperto il libro e non ci ho capito nulla. Sembrano scritti in sequenza, da una data nel 2009 in poi, che riportano parole che non capisco, in forme diverse. Alcune sembrano ispirate da scrittori del passato, altre sembrano brani di novelle brevi, ed altre ancora sono cronache di quei tempi e del Grande Vecchio che frequentava un luogo dove si parlava una lingua incomprensibile (ho controllato su GoogleMind, sembra nipponico classico) e ci si riuniva per fare attività fisica. Leggendo tra le pagine, ho anche capito che queste parole venivano pubblicate sulla Griglia, che a qui tempi veniva chiamata InterRete. E' la prova finale che Nonno era un pazzo, pieno di se stesso. Scuotendo il libro ne è uscito un biglietto, con un nome, un titolo ed un indirizzo. Nell'altro lato una scritta di suo pugno, dedicata a me, che diceva:

"A Leo: trova un buon maestro, e troverai la passione".

Mio padre sta chiamando da mezz'ora, devo rispondere altrimenti addio all'assegno mensile.

12 Ottobre 2049

Caro diario,
la storia della scatola e del libro è iniziata come una rottura di gonadi, ma piano piano mi sta intrigando. Ieri ero in GraviScooter e mi trovo a passare vicino all'indirizzo segnato sul biglietto. Ho deciso di dare un'occhiata, e fatta una piccola deviazione, mi trovo sul posto. Spengo il Gravi e mi avvicino. Il luogo sembra deserto, e un po' vecchio. Una specie di box basso e largo, con delle finestrelle dalle quali non viene alcuna luce, e senza nessuna scritta. Busso.
Aspetto.
Decido di andarmene.
Torno indietro.
Busso.
Aspetto.
Me ne vado. Il luogo, oltre alla desertitudine ed alla vetustà, mi sembra minaccioso. Rimango un minuto seduto sul Gravi nell'attesa che il box si risvegli e sputi fuori una sorpresa, che puntualmente non arriva.
Accendo il Gravi e me ne torno a casa, mio nonno era una fregatura bisbetica, e l'intrigo era tutto nella mia testa.

18 Ottobre 2049

Caro diario,
due giorni fa porto il Gravi a fare un giro per l'aria mefitica della città e passo per la via indicata nel biglietto: il box è acceso. Devio dal mio percorso per avvicinarmi al luogo, con il reattore al minimo, quasi senza far rumore. Mi fermo a distanza di sicurezza, quasi intenzionato a scapparmene via. La curiosità ha il sopravvento, spengo il reattore, mi avvicino alla porta. Rimango impalato davanti alla porta come una tavola di legno, e poi decido di bussare, ma prima di colpire la porta con le nocche la porta si apre. 
Ne spunta un vecchio, alto, asciutto, capelli rosso irlandesi virati al bianco, che mi guarda con aria neutra. Sulla maglietta gli stessi segni riportati sulla scatola e sul libro.
Desideri qualcosa, ragazzo?
Bruongiornuo (quando parlo con sconosciuti mi emoziono, la lingua inciampa ed emette suoni non voluti), e gli consegno il biglietto.
Tiene il biglietto tra le mani, lo gira, vede la scritta.
Gli occhi del biancorosso lampeggiano per un singolo attimo, che viene immediatamente nascosto come a salvaguardare qualche emozione che non può essere mostrata.
Mi guarda. Scruta attentamente il viso, poi passa al corpo e mi rendo conto che il tutto non può essere durato più di mezzo secondo.
Gabba, mi dice.
Guardo di lato, imbarazzato.
Veramente mi chiamo Leonida. Leo, per gli amici. Gabba era il nomignolo del vec... di mio nonno.
Dov'è tuo nonno?
Abbasso il tono di voce.
Se ne è andato il mese scorso.
L'asciutto continua a guardarmi con gli occhi neri, molto poco irlandesi.
Accenna ad un sorriso. Abbassa gli occhi. Scuote la testa. Li rialza.
Devo parlarti. Vuoi entrare, ragazzo?
Ragazzo un pezzo di abbacchio, ho 18 anni, penso.
Faccio un cenno di assenso dislessico come il precedente saluto ed entro.
...
...
...
Esco dal box quando è buio, ho proprio perso il senso del tempo. Mi volto. Il vecchio fa un movimento strano con i pugni chiusi ed emette un suono. Credo sia il suo modo di salutare. Mi dice di tornare quando voglio, se mi andrà.
Simpatico e solenne allo stesso tempo. Chiude la porta con la stessa dignità con cui l'ha aperta.
MI scopro a pensare. Non sapevo queste cose del nonno. Ancora non ho ben capito che cosa facevano insieme, ma ho intuito che il vecchio era una specie di insegnante, e mio nonno uno studente. 
Una frase mi è rimasta in mente. Un suono sconosciuto, seguito da "disciplina della giusta verità". Non so riprodurre quel suono, ma proverò a scriverlo e a cercarlo su GoogleMind. 
E stasera niente NeuroVisione. Proverò a rileggere il libro, magari riesco a capirci qualcosa.

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