Sunday, October 31, 2010

Il Karate, un Fax e l'agilità.


Sono al lavoro, scravattato, in equilibrio tra cose da fare non rimandabili e affari del secolo dirompenti. Ottobre non ancora maturo, fa caldo e poi fa freddo e poi caldo e poi il mal di gola maledizione che non ci voleva ero appena guarito ma non importa mi allenerò con le fiamme nella trachea o senza, tanto è l'istesso.

Arriva un messaggio del Sensei.
"OSU!Quandohaicinqueminutiditempotidevochiedereunfavore".
Quando il Sensei chiede la mia attenzione lascia gli spazi nello spogliatoio dell'iPhone.

Paro il messaggio con un Sune Uke e tiro un messaggio di ritorno.
"Quando       vuoi       no        problem".
Quando voglio l'attenzione del Sensei abbondo negli spazi come fossero gratis.

Passano cinque minuti dove i colleghi costruiscono e distruggono imperi, edificano mausolei di parole e guardano e riguardano una striminzita e sgradevole brochure di prodotto come fosse l'Odissea.

Il mio not-so-smartphone vibra ancora. Guardo.
"OSU!Sonoin(nomecliente)edhobisognodimandareunfaxperl'iscrizioneallagaradel31Ottobre".
Affari Shinseikai. Aggiusto le priorità del Creato ed eseguo un renice di ogni singolo task dall'Arca di Noè ad oggi, lasciando spazio per il fax.

Faccio ballare le dita sulla virtual tastiera dell'iCoso ed invio fotonica risposta.
"Va       bene,       manda          dettagli        e        numero".
Passano altri cinque minuti e ricevo mail con le informazioni.
Mi reco al fax.
Faccio tredici (13) tentativi consecutivi senza riuscire ad inviarlo e capisco che dall'altra parte:

a) non hanno un fax
b) hanno un fax ma è spento o non funzionante
c) il fax è acceso ma la testa del ricevente no.

Dopo aver chiamato il numero capisco che la situazione è tra b) e c), ricordandomi del buon vecchio Gassmann e di quando interpretava il pugile suonato ("i cazzotti fanno male, fanno."). Un altro paio di tentativi e riesco a mandare il Fax per l'iscrizione alla gara di oggi. Stampo la ricevuta, e la metto in tasca.

Verso l'ora dello Shinseikai, mi reco con un mio mascellonico collega al Dojo, vedendo il Sensei Testarossa da lontano e sventolando il foglio della ricevuta in beffardo piglio cameratesco, con una fallace intenzione di volatile ricatto. 
Il Sensei alza un sopracciglio. Esibisce un Kagi-Tsuki a curvatura 9 senza pugno, per far scomparire il foglio dalla mia mano, che passa nella sua in pochi millisecondi.

Guardo la mano.
Prima c'era un foglio, ora non c'è più.
Con un espressione ebete vado nello spogliatoio e penso che (forse) uno dei segreti del Karate non è la forza, ma la leggerezza e l'agilità.

Friday, October 29, 2010

One

Non ricordo tutto
e non so se è sogno o realtà
ma dentro sento l'urlo
ed il silenzio che lo soffoca


Adesso che la guerra è finita
mi sveglio e non riesco a vedere
quel poco che è rimasto di me
tutto irreale meno che il dolore


Tenuto in vita da tubi nella carne
come una bigiotteria di guerra
appeso a macchine che mi tengono in vita
aspettando che le spengano.


Il miglior combattimento è quello evitato,
e la migliore guerra è quella che non è mai successa.



Monday, October 25, 2010

Quesito per solutori più che abili.

Riempire le parti mancanti.

Zoppica zoppica, caro il vecchietto
come un sonnambulo sceso dal ____
Che conti i colpi ed i lividi scuri
e speri che questo recupero duri
Quel tempo che basta a far riposare
le ossa che stridono al tuo respirare.

Zoppica e pensa a chi non rimane
a chi sta fermo per settimane
A chi pensa di esser più ____
e non si accorge di sfidare la sorte

Zoppica e piega le labbra in sorriso
e vedi negli occhi degli altri il tuo viso
Mentre nel Dojo ti guardi allo specchio
ti infondi coraggio per non esser ____.

Saturday, October 23, 2010

Shinseikai Stars - Parte prima.

Un Dojo, in genere, riserva sorprese. Il Dojo dello Shinseikai Karate riserva sorprese più forti, emozioni che ti rimangono dentro e che ti aiutano, soprattutto dopo la mattinata del Sabato con gare viciniori, a superare fiero e contento quella leggera zoppia che scende verso le nostre leve dopo un sano, vitale, approfondito, variegato e ben distribuito allenamento a base di kumite (sparring).

Una delle emozioni forti è scoprire che il tuo vicino di botte è un attore che ha partecipato ad un bellissimo film - Lezioni di Volo - riconosciuto come d'interesse culturale nazionale. I pigri possono trovare una recensione qui.

Il vicino di botte si chiama Tom, ed oggi ho avuto il piacere di fare un po' di sparring (anche) con lui. A perenne memoria, una fotografia scattata da Fred con l'Arduino alle nostre spalle mentre effettua gli esercizi post-atomici alla sbarra (no, non sta levitando). Da sinistra verso destra, il Sensei, Tom Karumathy, io. E non finisce qui.

Friday, October 22, 2010

Questions & Answers.

"Papà, perchè hai una R disegnata sul braccio?"
Sorrido.
"Mi serve per ricordare qualcosa."
Sorride lei.
"E cosa devi ricordare?".
Mi guarda.
"Quello che devo fare quando frequento le lezioni di Karate."

La guardo con aria di sfida, aspettando la sua prossima domanda.
Lara guarda da un'altra parte.
Prende coraggio, ma non sa come chiederlo.
Poi trova le parole.

"Papà, cosa significa la lettera R?"
Furba, la tipetta.
"Tante cose. R per Respirare. Se non respiri non puoi..."
Aspetto ad arte.
"Non puoi fare cosa?"
Sorrido.
"Recuperare".
Cammina per la stanza.
"Recuperare?".
La seguo.
"Recuperare, far tornare le forze".
Si ferma.
"E poi?".
Continuo.
"Ritornare in guardia."
Mi guarda.
"Cioè?".
Cerco di spiegarle senza pontificare.
"Quando porti una tecnica di attacco, tendi a scordarti che devi sempre mantenere attiva la difesa, la guardia."
Mimo la posizione di guardia.
"La guardia."
Ripete parola e posizione.
"E poi c'è l'ultima R."
Mi fa lo sguardo curioso.
"E qual è?".
Aspetto un secondo. E poi parlo.
"Rilassato. Se non sei rilassato duri meno di un minuto."
Sgrana gli occhi.
"Veramente?".
Sogghigno.
"Si."
Mi guarda il braccio.
"Ma a te non piacciono i tatuaggi."
Rido.
"E' vero, ma è fatto a penna."
Sorride.
"Perché?"
Guardo il residuo della R sul mio braccio.
"Così lo ricordo due volte, quando lo scrivo e quando lo leggo."
La bacio, esco e affronto un'altra giornata.

Wednesday, October 20, 2010

Storia di un minuto.

SBAM!
"Quarantasette."

Il piede del Sensei si appoggia sul casco di protezione, consistente al punto giusto per farmi capire che il colpo è arrivato, leggero al punto giusto per non farmi accasciare in terra.
Sono nel Dojo. Credo che la lezione sia iniziata da un po', ma non so esattamente da quanto. 
Ho immagini sfocate di quello che è successo prima, ed immagino che quello che verrà sarà ugualmente distaccato, come una fotografia passata più volte al Photoshop.
Cerco di saltellare. Invio il comando al corpo e lui mi fa capire che ha reagito al comando, ma non ho modo di controllare se effettivamente le gambe si stanno muovendo. Non posso staccare gli occhi dal rosso, se solo penso di distrarmi me la fa pagare. 
Continuo a guardare il rosso negli occhi, inizio la rotazione di un Mawashi Geri Gedan, lo para e me ne restituisce due, uno Chudan (parte centrale-sinistra del torso) e uno Gedan (gamba sinistra) che riesco a parare sollevando leggermente la gamba con un Sune Uke. La combinazione tra calcio circolare, parata e regole Shinseikai (senza guantoni, pugni al viso non ammessi) rende le distanze corte e ancora meno adatte a pericolose mancanze di concentrazione o lucidità. Il viso del rosso è a qualche palmo dal mio. Non alzo la guardia, probabilmente non riuscirà a tirare un Mawashi Geri Jodan (calcio circolare alla parte alta del corpo, il viso) da così vicino. Sbagliato.

SBAM!
"Quarantotto. Alza quella guardia."

Sistemo il caschetto in fretta, con il colpo n. 48 si è leggermente girato verso destra. Il paradenti non aiuta a respirare correttamente, ma è un prezzo ampiamente conveniente da pagare per esprimersi correttamente dopo la fine dello sparring. Decido di farmi avanti, in maniera dissennata, ma ritorno subito in guardia dopo un amaro sorriso (interiore), ricordandomi della spiegazione non-verbale del Sensei ad un mio approccio analogo durante uno di questi sparring autunnali, e della spiegazione verbale seguente ("Non usare mai il tuo fisico per affrontare l'avversario."). Meglio stare calmi. Attendo l'attacco cercando un Sabaki (scartamento laterale) che non riesco ad effettuare, il rosso è troppo veloce. Tira due Shita Tsuki (piccoli montanti alla bocca dello stomaco) in successione che riesco ad apprezzare nella loro interezza e un Mawashi Geri Gedan (basso) che riesco quasi a parare. Non riesco a parare, però, il colpo successivo diretto al caschetto.

SBAM!
"Ed ecco il Quarantanove."

Troppo tardi mi accorgo che la guardia era bassa. Un attacco adeguato (segno +) ed una difesa non adeguata (segno -), per legge matematica, risultano in un match molto breve (segno -). Questa me la ricorderò, potrebbe farmi comodo in futuro.
Provo una combinazione Mae Mawashi Geri Gedan e Mawashi Geri Gedan, la prima è parata dal rosso, la seconda no. Continuo con un Sanbon Tsuki (sequenza veloce di tre pugni) dove percepisco di essere andato a segno almeno una volta, forse due. Questo pensiero non si è ancora consumato interamente quando sento (prima) un Ushiro Geri Chudan (calcio all'indietro indirizzato alla parte centrale del corpo) e vedo (poi) il rosso che esegue la tecnica. Il colpo arriva prima della sua concretizzazione visuale, ed Einstein ne sarebbe orgoglioso. Abbasso la guardia. E arriva, puntuale, il promemoria, sempre diretto al caschetto.

SBAM!
"Cinquanta. Bingo!"
"Yame!"

Allo Yame (il segnale di fine) il rosso si ritrasforma nel Sensei, e mi ricorda della mia guardia bassa. Prima che il resto della lezione si sottoponga a dissolvenza incrociata verso il recupero, un'ultima considerazione continua a saltellare in pieno spirito Shinseikai.
"Quando stai facendo Kumite non farti giocare mai a tombola".

Tuesday, October 19, 2010

Giorni.

Ci sono alcuni giorni in cui non ti accorgi di essere fortunato.
Ce ne sono altri dove la tua fortuna ti viene sbattuta in faccia dalla miseria di altri.

Ci sono alcuni giorni in cui pensi di aver lavorato decentemente.
Ce ne sono altri dove sei l'ombra di quello che pensavi di essere.

Ci sono alcuni giorni in cui non riesci a vedere un sorriso sincero.
Ce ne sono altri dove l'unico sorriso sincero che hai visto è quello di un barbone.

Ci sono alcuni giorni in cui ti alleni, credi di crescere e di aver dato il meglio.
Ce ne sono altri dove ti rimetti in fila, per ultimo, perché sei tornato indietro.

Ci sono alcuni giorni in cui pensi di dover spiegare qualcosa ai tuoi figli.
Ce ne sono altri dove i tuoi figli potrebbero spiegarti qualcosa, ma non lo fanno.

Ci sono alcuni giorni in cui credi che l'amicizia non possa esistere.
Ce ne sono altri dove ti chiedi come sia possibile esserti amico.

Ci sono dei giorni dove scrivere è un fiume in piena.
Ce ne sono altri dove quello che hai scritto é terra arida, solcata dall'inadeguatezza.

Ci sono alcuni giorni in cui uno gyaku-tsuki fa male subito, ma non importa.
Ce ne sono altri dove senti il ricordo della tua guardia bassa, e troppo tardi.

...

Ci sono alcuni giorni in cui non ti va di fare qualcosa.
E proprio in quei giorni devi fare di più, e meglio, per chi ami.

Wednesday, October 13, 2010

Folklore V

« È impossibile ottenere il moto perpetuo per via meccanica, termica, chimica, o qualsiasi altro metodo, ossia è impossibile costruire un motore che lavori continuamente e produca dal nulla lavoro o energia cinetica »
(Max Planck, Trattato sulla termodinamica, Dover (NY), 1945)

Max Planck aveva torto marcio. La macchina del moto perpetuo non solo esiste, ma si trova a Roma in un capannone sito in via Pico della Mirandola. Quindici.
E' Ottobre, ed il Dojo è pienamente funzionante anche quando non frequentato. Se non vai al Dojo, il Dojo viene a casa tua e finisce anche per rimanerci ospite mesi e mesi.

La smemorina retroattiva.

La smemorina (che, ricordiamo, è sostanza semitossica  prodotta in situ dopo anni di allenamenti inter-stile, di cui si può trovare ampia documentazione su questo blog) ha recentemente mutato parte delle sue caratteristiche adattandole ad una migliore interazione con l'ospite umano: è diventata retroattiva, e quindi colpisce prima di recarsi al Dojo e, in particolare, durante la fase di costruzione della borsa per il Karate (utilizziamo volentieri il termine 'costruzione' in quanto l'approntamento della borsa è un processo situato tra l'impressionismo di Van Gogh ed il design futurista di Le Corbusier). 
Non di rado, durante il magma accalcato e accaldato di fine lezione con doccia incorporata, è possibile sentire gli effetti della smemorina retroattiva che generalmente si concretizzano con un "Noooo. Le mutande...". Al malcapitato, che si guarda intorno trattenendosi dal chiedere se sussistono le condizioni per una mutanda di scorta, non resta che la vestizione del jeans a pelle, tra una silente e cameratesca ilarità degli studenti Shinseikai. E' possibile identificare il bipede smutandato all'uscita dello spogliatoio per le evidenti movenze da Elvis Prestley miste ad una inaspettata celerità nel ritorno a casa. 

I lucchetti di Hello-Kitty.

Gli armadietti a salto quantico sono stati aggiornati con un upgrade ortogonale: la prima fila orizzontale e l'ultima fila verticale hanno degli occhielli in bismuto (numero atomico: 83) adatti ad ospitare lucchetti di sezione e grandezza variabile. I lucchetti forniti dall'amministrazione della palestra hanno chiavi 'anime'  lillipuziane con uno spettro ampio, da "Il mio primo diario segreto", passando per "Memole dolce Memole", fino ad arrivare alla chiave "Hello Kitty". Alla fine dell'ultima lezione ho estratto il mio portafoglio dall'armadietto, aspettando un salto quantico temporale che non si è verificato. Controllando meglio, ho ritrovato nello scomparto dei documenti di identità il passaporto di Akira Takasaki, il mitico chitarrista dei Loudness.

Il maledetto esercizio di Senpai Tullio.

Il Senpai Tullio, che viene sistematicamente selezionato dal Sensei alla fine delle ripetizioni (ad esempio, addominali) per la sua capacità di pronunciare i numeri giapponesi da uno a dieci in due secondi netti (eseguendo l'esercizio in maniera corretta, ovviamente), durante la fase di riscaldamento attiva non cessa mai di scaldare anche i nostri cuori. 
Un esercizio in particolare allieta primati di età e sesso variabile, che arriva puntualmente in piena fase di obnubilamento da mancanza di ossigeno, con la sequenza riportata di seguito:
  1. Gli sguardi degli studenti si incrociano dubbiosi.
  2. La tensione sale alle stelle, l'esercizio potrebbe essere invocato.
  3. Si pensa (di nascosto) "ecco, adesso lo chiama".
  4. Senpai Tullio aspetta - ad arte - qualche secondo per creare false aspettative.
  5. Si pensa (di nascosto) "forse l'abbiamo sfangata".
  6. Senpai Tullio mostra la posizione iniziale, che presuppone inequivocabilmente l'esercizio ammazzafiato senza esplicitarne l'interezza.
  7. Si pensa (di nascosto) "...azz".
  8. Senpai Tullio mostra l'esercizio.
  9. Non si pensa neanche di nascosto, si risparmiano le energie.
  10. Senpai Tullio urla l'Hajime.
Shinseikai è anche eseguire il maledetto esercizio di Senpai Tullio con il sorriso. E sicuramente il sorriso, alla fine dell'esercizio, c'è.
  1. Si pensa (di nascosto) "lo avevo detto che lo chiamava".
Bello il Mercoledì. Un giorno Shinseikai tra due giorni Shinseikai.
A domani.

Tuesday, October 12, 2010

Martedì.

M come Martedì.
Mokuso - la concentrazione necessaria per affrontare la giornata, non solo nel Dojo.
Melissa e Mirco, quando erano bimbi e volevano rimanere in braccio, una vita fa.
Mawatte - affrontare la direzione opposta, cambiare tutto quando è necessario.
Musica, alle volte un riproduttore musicale proprio non serve, se la musica è dentro.
Mae Mae Geri - colpire con la gamba avanzata, e cogliere al volo l'occasione.
Malincuore, di chi non può recarsi nel Dojo perché a tutt'altro affaccendato.
Mawashi Geri - ruotare non solo con la gamba, ma con tutto il corpo, anca e spalla.
Mattina, è ora di iniziare la giornata, pensando ad oggi come ad un regalo.

Saturday, October 2, 2010

Il Dono.

2 Ottobre 2049

Caro diario,
la scorsa settimana ho ricevuto un breve messaggio dall'avvocato di mio nonno che diceva di chiamarlo per avere notizie sulla scatola, cosa che ho fatto quasi subito dopo. L'avvocato è un ometto fine come una matita che indossa sempre lo stesso vestito tetro e retro. 

Mentre parlavo con lui all'Oloconf, i miei pensieri andavano in direzione della mia agognata vacanza post-diploma, e non certo ad una stupida scatola lasciata in eredità da mio nonno, andatosene un paio di settimane fa (beato lui, nel sonno), e chiusa da un lucchetto le cui chiavi sono in mano all'ometto-matita.

Peraltro, mio nonno era un gran rompicoglioni, tirchio come un cardo - ha lasciato i suoi averi ad una strana fondazione - e c'erano fin troppe persone al suo capezzale (figli e nipoti) cercando di scambiare battute sociali col morto in casa. Evitato.
E quindi la domanda è: cosa c'entro io con quella scatola, visto che

Punto Uno non me lo sono mai filato, 
Punto Due non sono neanche l'ultimo dei suoi nipoti (Alexito Jr. ha 14 anni e da come cresce diventerà un FdM certificato e garantito prima di quelli della sua generazione) e 
Punto Tre sono il nipote che ha visto meno di tutti, con cui ha parlato meno di tutti, e quello che meno di tutti si fa notare. 

Non ho i capelli verdi di Melania, non ho 74 piercing come Molosso, non sono diventato famoso come Xandros, non sono emigrato all'estero come Marcolino. Perché a proprio me? Gli altri mi guardano in cagnesco. Mancava solo questa.

5 Ottobre 2049

Caro diario,
delusione estrema. Sono andato dal lapis, che ha aperto la scatola, grigia, anonima, con dei segni strani sopra scritti in verticale. Ne ha tirato fuori un libro. UN LIBRO. Grigio, anonimo, con gli stessi strani segni riportati in verticale.
...
Poteva almeno lasciarmi un lingotto di iridio, il vecchiopirla. 
Il disappunto è stato così grande che ho preso due Serenax per dormire e ho passato il resto della serata davanti alla NeuroVisione.

7 Ottobre 2049

Caro diario,
ieri ho aperto il libro e non ci ho capito nulla. Sembrano scritti in sequenza, da una data nel 2009 in poi, che riportano parole che non capisco, in forme diverse. Alcune sembrano ispirate da scrittori del passato, altre sembrano brani di novelle brevi, ed altre ancora sono cronache di quei tempi e del Grande Vecchio che frequentava un luogo dove si parlava una lingua incomprensibile (ho controllato su GoogleMind, sembra nipponico classico) e ci si riuniva per fare attività fisica. Leggendo tra le pagine, ho anche capito che queste parole venivano pubblicate sulla Griglia, che a qui tempi veniva chiamata InterRete. E' la prova finale che Nonno era un pazzo, pieno di se stesso. Scuotendo il libro ne è uscito un biglietto, con un nome, un titolo ed un indirizzo. Nell'altro lato una scritta di suo pugno, dedicata a me, che diceva:

"A Leo: trova un buon maestro, e troverai la passione".

Mio padre sta chiamando da mezz'ora, devo rispondere altrimenti addio all'assegno mensile.

12 Ottobre 2049

Caro diario,
la storia della scatola e del libro è iniziata come una rottura di gonadi, ma piano piano mi sta intrigando. Ieri ero in GraviScooter e mi trovo a passare vicino all'indirizzo segnato sul biglietto. Ho deciso di dare un'occhiata, e fatta una piccola deviazione, mi trovo sul posto. Spengo il Gravi e mi avvicino. Il luogo sembra deserto, e un po' vecchio. Una specie di box basso e largo, con delle finestrelle dalle quali non viene alcuna luce, e senza nessuna scritta. Busso.
Aspetto.
Decido di andarmene.
Torno indietro.
Busso.
Aspetto.
Me ne vado. Il luogo, oltre alla desertitudine ed alla vetustà, mi sembra minaccioso. Rimango un minuto seduto sul Gravi nell'attesa che il box si risvegli e sputi fuori una sorpresa, che puntualmente non arriva.
Accendo il Gravi e me ne torno a casa, mio nonno era una fregatura bisbetica, e l'intrigo era tutto nella mia testa.

18 Ottobre 2049

Caro diario,
due giorni fa porto il Gravi a fare un giro per l'aria mefitica della città e passo per la via indicata nel biglietto: il box è acceso. Devio dal mio percorso per avvicinarmi al luogo, con il reattore al minimo, quasi senza far rumore. Mi fermo a distanza di sicurezza, quasi intenzionato a scapparmene via. La curiosità ha il sopravvento, spengo il reattore, mi avvicino alla porta. Rimango impalato davanti alla porta come una tavola di legno, e poi decido di bussare, ma prima di colpire la porta con le nocche la porta si apre. 
Ne spunta un vecchio, alto, asciutto, capelli rosso irlandesi virati al bianco, che mi guarda con aria neutra. Sulla maglietta gli stessi segni riportati sulla scatola e sul libro.
Desideri qualcosa, ragazzo?
Bruongiornuo (quando parlo con sconosciuti mi emoziono, la lingua inciampa ed emette suoni non voluti), e gli consegno il biglietto.
Tiene il biglietto tra le mani, lo gira, vede la scritta.
Gli occhi del biancorosso lampeggiano per un singolo attimo, che viene immediatamente nascosto come a salvaguardare qualche emozione che non può essere mostrata.
Mi guarda. Scruta attentamente il viso, poi passa al corpo e mi rendo conto che il tutto non può essere durato più di mezzo secondo.
Gabba, mi dice.
Guardo di lato, imbarazzato.
Veramente mi chiamo Leonida. Leo, per gli amici. Gabba era il nomignolo del vec... di mio nonno.
Dov'è tuo nonno?
Abbasso il tono di voce.
Se ne è andato il mese scorso.
L'asciutto continua a guardarmi con gli occhi neri, molto poco irlandesi.
Accenna ad un sorriso. Abbassa gli occhi. Scuote la testa. Li rialza.
Devo parlarti. Vuoi entrare, ragazzo?
Ragazzo un pezzo di abbacchio, ho 18 anni, penso.
Faccio un cenno di assenso dislessico come il precedente saluto ed entro.
...
...
...
Esco dal box quando è buio, ho proprio perso il senso del tempo. Mi volto. Il vecchio fa un movimento strano con i pugni chiusi ed emette un suono. Credo sia il suo modo di salutare. Mi dice di tornare quando voglio, se mi andrà.
Simpatico e solenne allo stesso tempo. Chiude la porta con la stessa dignità con cui l'ha aperta.
MI scopro a pensare. Non sapevo queste cose del nonno. Ancora non ho ben capito che cosa facevano insieme, ma ho intuito che il vecchio era una specie di insegnante, e mio nonno uno studente. 
Una frase mi è rimasta in mente. Un suono sconosciuto, seguito da "disciplina della giusta verità". Non so riprodurre quel suono, ma proverò a scriverlo e a cercarlo su GoogleMind. 
E stasera niente NeuroVisione. Proverò a rileggere il libro, magari riesco a capirci qualcosa.