Wednesday, March 3, 2010

Folklore III


E' Marzo, che a Roma corrisponde ad una ipotetica stagione di mezzo. 
Il Marzo pazzerello delle poesie di terza elementare, ahimè, non esiste più. Oggi esiste il Marzo in SUV che va contromano con il dito medio alzato e la certezza di farla franca dichiarando 12.000 Euro lordi annui, continuando ad andare in vacanza a Santo Domingo (non si mai, potrebbe rimanerci se la magistratura utilizzasse l'effetto speciale inventato nei laboratori di Stan Winston, il fumus persecutionis). 

Chi normalmente frequenta il Dojo, normalmente tra le 19.30 e le 21.30 dei giorni normalmente pari, è invece convinto che alcuni valori rimangono immobili ed immancabilmente immarcescibili. Il Dojo è una certezza, un assioma, un organismo che continua a pulsare anche se il suo creatore ed ispiratore viene spedito in terra umidamente albionica. 
Il Dojo è un essere fatto di artigli, denti e angoli vivi che ospiti e che inizia a farti male quando sei lontano, e quando cerca ti riportarti vicino.
Il Dojo è lì, e non ammette deroghe. Il Dojo continua anche (e soprattutto) quando non ci sei, e quando ritorni lo trovi 35 metri più avanti, perché nel frattempo lui ha proseguito, tu no. 

Dopo aver esplorato gli armadietti, il cesto degli orrori, le cabine della sorpresa e gli spogliatoi, la nostra attenzione viene catalizzata da due elementi riconducibili al tempo: il maledetto timer e le fasi dell'allenamento.

Il maledetto timer

Il timer del Dojo è un monolito di massa e peso infiniti candidamente appoggiato su un armadio punico ad uso di ripostiglio. Il timer è parente stretto degli armadietti a salto quantico (vedi uno dei post precedenti, oppure cerca armadietti a salto quantico su Google), e come tale ha un atteggiamento non riconducibile alla riproducibilità scientifica. 

Il fetentone, infatti, dilata i tempi di kumite (in maniera esponenziale se prevede la partecipazione attiva del Sensei) e riduce i tempi di recupero a pochi, miserabili, insufficienti  istanti che fuggono come l'umana giovinezza per lasciar posto ad altra sana e perspirante attività fisica. 

Tradotto in Casalottese, le botte durano tanto e il riposo dura poco. Non si hanno prove certe di un dolo, ma tutti sono sicuri che il timer se la rida ed acceleri (o rallenti) l'unica lancetta disponibile a suo esclusivo godimento. 

Le fasi dell'allenamento

Quando il tempo degli esami si avvicina, le fasi dell'allenamento assumono lo spessore e l'intensità delle liriche di Ungaretti. E dell'autore ecco alcuni brani di poesie associate a momenti da ricordare:

Arrivo al Dojo
Mi illumino d'immenso

Preparazione e vestizione
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell'aria spasimante
involontaria rivolta
dell'uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli

Riscaldamento dinamico
E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare

Kihon
E per la luce giusta,
Cadendo solo un'ombra viola
Sopra il giogo meno alto,
La lontananza aperta alla misura.  

Kumite con il Sensei
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita

L'essere artigli denti ed angoli vivi mi ricorda che oggi è comunque un giorno Shinseikai, ma domani ci si allena - forse un giorno Shinseikai++ -  ed io non sono mai stato tanto attaccato alla vita :-).

OSU!








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