Friday, January 8, 2010

I suoni del Dojo




Il Dojo non è solo il luogo dove si ricerca la via. E' un luogo dove occhi ed orecchie devono essere sempre aperti e la bocca quasi sempre chiusa, il che fa del Dojo un posto magico (trovatemi un posto dove si parla poco e si impara molto e io sarò lì, in fila all'entrata, aspettando l'apertura) e quasi fuori dal tempo.
Occhi per rubare il possibile (nei confini della legalità) attraverso gli sguardi, le impressioni, le valutazioni visive. Orecchie per ascoltare le indicazioni ed i comandi, e le spiegazioni a corredo delle tecniche da utilizzare.
Dopo qualche decina di lezioni, le orecchie dei bipedi che frequentano il corso Shinseikai vengono addestrate non solo alle funzioni canoniche riportate sopra, classificabili come funzioni ricettive (che agevolano la traduzione da stimolo a esecuzione), ma a caratteristiche più sofisticate e divertenti che vengono preparate spiando gli allenamenti degli agonisti: le cosiddette funzioni distintive.

Le funzioni ricettive servono per imparare ed evolvere, quelle distintive per imparare e sopravvivere. La caratteristica tipica della funzione distintiva è, appunto, distinguere un suono dall'altro.

Alcune applicazioni delle funzioni distintive sono ludiche. Ad esempio, l'enumerazione in giapponese delle ripetizione degli esercizi fisici o delle tecniche, assegnate dal Sensei a suo piacimento, è il primo tipo di esercizio che un qualsiasi primate biancocinturato (io) inizia ad eseguire durante l'attesa del proprio turno. Con un minimo di tecnica e di attenzione, è possibile identificare l'assegnatario di ogni ciclo di ripetizioni, come segue:

- Mattia (pronuncia dei numeri lunga, frequenza media, intonazione della Capitale)
- Francesco (pronuncia dei numeri corta, frequenza medio-alta, intonazione sostenuta)
- Pierluigi (pronuncia dei numeri media, frequenza medio-alta, intonazione distinguibile)
- Tullio (pronuncia dei numeri corta, frequenza altissima, intonazione molto sostenuta)
- MIchael (pronuncia dei numeri regolare, frequenza medio-alta, intonazione di classe)

e così via. Tremo al pensiero che un giorno, alle deità piacendo, dovrò anch'io simultaneamente eseguire e pronunziare, con il rischio di emettere vocalizzi da tacchino svizzero raffreddato.

Altre applicazioni, invece, sono (come dicevamo) a carattere di sopravvivenza: riconoscere un suono di un Mawashi Geri Gedan tirato da (uno a caso) Pierluigi ad un sacco, mentre sei voltato, potrebbe significare - in un kumite - la differenza tra tornare a casa con le tue gambe o accompagnato da strani signori vestiti di bianco. Perché? Perché intuendo la distruttività associata al suono farai di tutto per pararlo o evitarlo.
Riconoscere, oltre alla tecnica, anche chi la sta eseguendo in quell'istante, costituisce la base delle tecniche di auto-conservazione che un giorno potrebbero essere utili.

Talvolta, in compagnia del buon Arduino, ci divertiamo a gareggiare indovinando tecniche e esecutori, non senza sorrisetti nervosi e pietà per i poveri sacchi, oggetto di tanta immane energia cinetica.

Esempio tipico di conversazione Gabba - Arduino, ore 20.10, Dojo.

SBAAAAAAAM - "Questo è Pierluigi, Mawashi Geri Gedan" (Nota del Redattore: ai fini del punteggio, Pierluigi non vale: lo riconoscono anche i condomini dei palazzi viciniori)
SBAM SBAAM SBAAM SBAAM - "Mawashi Geri Chudan, questo è Mattia che sta affinando la mira, inizia piano e poi aumenta"
SBAAAM - "Mawashi Geri Jodan, e questo è Tullio, ma non l'ha tirato totalmente"
SBAAAAAAM - "Mawashi Geri Jodan, sempre Tullio, ma adesso c'è andato giù pesante"

Deh, studente che frequenti regolarmente il Dojo. Apri le orecchie e ascolta. Oltre ad imparare  potrai distinguere, e alle volte il distinguere non ci rende solo migliori, ma anche viventi.

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