Wednesday, December 2, 2009

La macula cieca.



Martedì sera. Finalmente.
La schiena non fa male, inizio a riprendere il ritmo durante le mie sessioni di nuoto, i tempi ritornano verso la normalità. Mi sento in forma.
Arrivo addirittura prima, per rubare immagini in movimento durante la sessione degli agonisti.
Mi chiedo cosa imparerò oggi. Tecniche? Combinazioni? Suggerimenti da parte degli allievi anziani? Colpi, e come assorbirli?
Passano i minuti. Il Dojo si anima.
E' sempre piacevole incontrare gli studenti nei pochi minuti di pausa tra gli allenamenti. Poche parole, in genere a bassa voce, e qualche sorriso che non fa mai male.
La quiete prima della tempesta.

"Yame."


Il Sensei chiama, ci si mette in posizione immobile. Fudo dachi.
Un cenno del capo dal Sensei al Senpai è come un'invisibile - ma percepibile - onda elettromagnetica, che tra poco ci ritornerà moltiplicata in potenza.
Inizia il riscaldamento, un treno che lascia la stazione ed inizia il suo viaggio, aumentando progressivamente la velocità. Una sorpresa per i miei tegumenti, come sempre.
Il cuore inizia a battere più forte, mentre il corpo inizia a ribellarsi per poi adeguarsi ai movimenti che iniziano regolari-scanditi e finiscono rapidi-insopportabili.

Il sudore mi gocciola sul naso, batte sul pavimento del Dojo. Mi stupisco di come sia lenta la traiettoria di una gocciolina dal mio corpo all'ostacolo rappresentato dalla superficie. Ma è solo un'impressione. Evidentemente i miei sensi sono alterati.
Il riscaldamento sembra finire, ma continua. Il limite è sempre un po' distante da come te lo aspetti. E continua. Oramai le goccioline in terra sono molte, e quando ho deciso di contarle il Maestro chiama la fine del riscaldamento.

"Yame!"

E' il momento delle tecniche. Sono in uno degli angoli del Dojo, vicino ad un sacco.
I comandi impartiti dal Sensei sono chiari. Dobbiamo utilizzare tecniche in combinazione, con difficoltà crescente, per capire, sfruttare ed eseguire i movimenti attraverso le catene cinetiche.
Le istruzioni vengono poi visualmente dipinte dal Sensei attraverso l'azione, più e più volte, anche per mezzo del loro opposto: devo eseguire ABC in sequenza stretta, che non è corrispondente ad A, B, C oppure AB, C oppure altro.
Le tecniche vengono poi contestualizzate, e quindi, oltre al come, è spiegato il perchè.
Credo di aver capito, l'immagine nella mente è buona, e cerco di tatuare sul nervo ottico i movimenti, le combinazioni ed il contesto che è stato appena illustrato.
ABC.
Ricordo bene gli errori delle lezioni precedenti, e quindi non cerco di imprimere potenza alle tecniche, dedicandomi solo alla correttezza del colpo.
ABC. Lo posso fare.

Eseguo.
Il corpo non esegue correttamente.
Riprovo.
Il corpo non esegue correttamente.
Riprovo.
Il corpo non esegue correttamente.
(Rifletto. I movimenti del Sensei, nella mia mente, sono più appannati.) Riprovo.
Il corpo non esegue correttamente.
Riprovo.
Il corpo non esegue correttamente.
Riprovo.
(Succede quello che non dovrebbe: inizio ad irritarmi.) Riprovo.
Il corpo non esegue correttamente.
Riprovo.
Il corpo non esegue correttamente.
(Rifletto. Non sono più sicuro che i movimenti che ho registrato siano corretti.) Riprovo.
Il corpo non esegue correttamente.

"Yame!"
Il Sensei chiama lo stop.

Mentre l'ingiustificata ed inutile irritazione continua a solleticare il mio archipallium, penso alla macula cieca. Cerco di avvicinarmi all'obiettivo, e l'obiettivo sparisce. Mi allontano, e magicamente riappare. Mi avvicino nuovamente, e l'obiettivo non è dove dovrebbe essere.
La macula cieca. Una buona metafora. L'obiettivo è sempre lì, ma cambia la nostra percezione su di esso. Conoscere la nostra macula cieca è uno dei passi necessari per raggiungere il nostro obiettivo, anche se, temporaneamente, lo sposta verso l'infinito, rendendolo irraggiungibile.
Me ne ricorderò Giovedì :-).

P.S. Una buona rappresentazione della macula cieca e come sperimentarla praticamente è in questo sito.

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