Wednesday, September 30, 2009

Nine Blacks, Nine Whites.

Evidentemente ci deve essere qualcosa sotto. Non sono un tipo da teoria dei complotti, ho sempre apprezzato la semplice verità dell'accade quel che accade e cerco (per quanto possibile) di ottenere quantità e qualità di informazioni adeguate prima di formulare qualsiasi ipotesi.
Premetto anche di non prediligere innesti (?) culturali alla Sacher-Masoch, ho un istinto di conservazione medio-alto e se vedo una rissa con scazzottata budspenceriana riesco a raggiungere, grazie alle lunghe leve, una velocità di fuga che unita alla paura mi rende praticamente sfuggevole come un capitone che per caso guarda il calendario e si accorge che è la vigilia di Natale, è in cucina e tutti lo guardano strano.
Non capisco, però, perché una parte di me - quella vestita di bianco - continua a sogghignare, fermenta, saltella, si agita, ripercorre mentalmente gli errori e le possibili soluzioni, brucia d'orgoglio mai avuto, e irride l'altra parte - quella, in genere, vestita di nero - acciaccata, claudicante, parzialmente funzionevole, con sinapsi-movimento costantemente in ritardo, e che ogni volta riscopre lo studio di una disciplina a contatto pieno e le sue implicazioni.

Bianco e Nero, quindi.

Il Bianco ha pensieri veloci come non vedo l'ora che sia giovedì e poi sabato e poi martedì e poi metto il Karategi paratibie bende guantoni in borsa e cerco su Wikipedia informazioni sugli stili e guardo filmati su YouTube e mi accorgo che esiste un universo che se tutto va bene ci vorranno cinque o sei anni prima di fare qualcosa e intanto pedalare fare flessioni assorbire cultura fare esperienza prendere calci prendere pugni correggere errori cercare movimenti poi velocità poi precisione e forza e non arrendersi perché ogni volta sarà differente e il cambiamento è vita e chi non cambia non vive e chi se ne frega del recupero e di questo periodo Joyciano senza virgole senza punteggiature in fondo lo voglio e lo farò.

[Pausa: La telecamera passa lentamente, in piano sequenza, dall'omino in Karategi e cintura bianca ad un omino vestito di nero. L'omino in Karategi rimane sfocato, sullo sfondo, e l'omino nero è inquadrato in piano americano].


Il Nero ha qualche problema con le appendici destre del corpo. La mano ancora non è al 100%. Il piede - che ieri funzionava - stamattina non si muove, causando temporanea zoppia e sensazione di inadeguatezza. Il Nero scrive lentamente. Prende le sue pause. Usa la punteggiatura per prendere fiato. Non riesce a contrastare la gravità (ed intende quella newtoniana) e aspetta che la situazione volga a suo favore. Vede il Bianco, dietro di lui, che continua a saltellare. Il Nero, per ora, può farlo solo con il sinistro.

[Dissolvenza. Primo piano sul blog].

Bene. Bianco e Nero. Mi ricorda qualcosa (Y & Y). :-)


Saturday, September 26, 2009

L'abbecedario - Parte 1.

Sorvolo sull'allineamento di stamattina, sono riuscito a correre ma non come avrei voluto, persino con la migliore musica del mondo in cuffia. Mancava la spinta che proviene da dentro.
Indi, cercherò di rendere questo Sabato più produttivo ripassando i nomi delle tecniche che ho visto fino ad ora, bellamente copiate dal Superbo Sito Shinseikai del Severo Saggio Sensei (troppe s?).

Oi Tsuki - Diretto
Gyaku Tsuki - Pugno opposto
Shita Tsuki - Piccolo montante
Kagi Tsuki - Gancio

Mawashi Geri Gedan - Calcio basso
Mawashi Geri Chudan - Calcio medio
Mawashi Geri Jodan - Calcio alto

Nelle foto, ipercliccabili come links, quello che le dà è il maestro e quello che le prende è l'allievo - metafora della vita, come è giusto che sia.

Dopo il fugace ma intenso incontro di giovedì con il pavimento, la mano sta migliorando, e sto riscoprendo il vantaggio del pollice opponibile: farsi la barba, allacciarsi le scarpe, effettuare la minzione (in gergo tecnico si dice così) con la mano desiderata sembra un miracolo continuo.
Per aspera ad astra.

Friday, September 25, 2009

Pieces of Eight

Come scrivevo sulla SocioRetePortinaia (Facebook), mai litigare con il pavimento. E' come un soffitto, ma ha la cattiva abitudine di attirare i corpi (solidi, liquidi e umani) verso di sè a velocità sorprendente. Ieri sera ho sfidato il pavimento del Dojo ad una gara di velocità e ho perso per KO tecnico. La lezione che ne traggo, e che mi è stata doviziosamente spiegata dal Sensei e poi, en garde, sussurrata dal mio compagno di botte (Ivano), è la seguente:

  • Le tecniche debbono essere apprese per gradi (se no, a cosa servono gli allenamenti?).
  • Non bisogna avere fretta.
  • Le tecniche debbono essere precise.
  • Un buon percorso per ottenere la precisione passa per lo studio dei movimenti, poi per lo studio della velocità, ed infine per lo studio della forza. Cercare velocità e forza senza studiare attentamente e con costanza la correttezza dei movimenti e la coordinazione necessaria significa (nei casi migliori) finire sul pavimento o (nei casi peggiori) finire sul pavimento a causa di qualcuno.
Una frase, in particolare, mi ritorna in mente: "La forza reale nasce dalla modestia". E, sinceramente, nel mio Dojo riesco proprio a percepirla, questa forza.
:-)


Wednesday, September 23, 2009

Seventh Star

Lezione numero otto. Sette partendo da zero. Mi viene in mente che l'informatica è una disciplina dove uno zero è veramente qualcuno. Zero the Hero. L'inquietudine dello zero.
E, in effetti, sono inquieto.

L'allenamento, ed anche l'allineamento, vedi post precedente, consente di diminuire (e, con l'esercizio ed il talento, azzerare) il gap che naturalmente esiste tra stimolo e reazione.
Nel mio caso, ad oggi, il gap corrisponde all'attraversamento del Mar Rosso da parte del signor Mosè ed accoliti. Il cervello (un manager saputello e autoritario) impartisce i comandi al corpo (il sottoposto frustrato, tuttofare e consapevole della sua situazione): "Esegui tale movimento in fluidità".
Bang.
Il corpo non solo si rifiuta di eseguirli correttamente, ma irride le due manageriali grigiosità emisferiche spernacchiandole con movimenti in ritardo ed estensioni bradipiche che elargiscono (poco) e consumano (tanto), lasciando tutto il sistema in debito di ossigeno e quindi non in grado di eseguire i movimenti successivi come dovrebbero essere compiuti.
Un circolo vizioso, insomma.
Esegui - sbagli - esegui - sbagli - ansimi - sbagli - ansimi - ansimi - buio.
Mi sento come uno scolaretto alle elementari, quando il maestro disegna la lettera A alla lavagna, spiega la pronuncia e l'utilizzo, e vedo i miei compagni di classe che, chiamati a turno, recitano intere frasi (o addirittura discorsi) concedendosi il lusso di giochini semantici ispirati al "Trattato di Semiotica Generale" di Umberto Eco.
Ieri sera, durante il magmatico divertissement dello spogliatoio post-disintegrazione muscolare, il Sensei mi guarda e simpateticamente mi omaggia di un "Come va?". "Insomma", rispondo, "mi sento goffo". Lui mi guarda con un sorriso beffardo, che (io intendo) voleva dire: "Gli allenamenti, caro mio, servono proprio a questo".
La trasformazione da cognizione (io so) a convinzione (io ne sono convinto) è uno dei momenti più ambiti, e la strada, come oramai mi ripeto da giorni, è bella lunga.

Saturday, September 19, 2009

The sleeper must awaken.

E' stato uno dei miei libri preferiti, da ragazzo.
E' stato (ed è ancora) uno dei miei film preferiti di sempre, anche se la trasposizione cinematica ed il suo apparente stravolgimento dei contenuti del libro non deve trarre in inganno.
Ho scritto mille volte questa frase, prima sui diari, poi sulle lettere, poi su web, poi su blog, poi sui social networks, senza perdere un centimetro della profondità con cui mi stupì la prima volta.
Dune, di Frank Herbert.

Il mare mi mancherà... ma un uomo ha bisogno di nuove esperienze. Esperienze che gli restino dentro, arricchendolo. E gli consentano di crescere. Senza cambiamenti, qualcosa si addormenta dentro di noi, e raramente si sveglia. Il dormiente deve svegliarsi.


Friday, September 18, 2009

The Sixth Sense

Ogni allenamento nel Dojo è una ricchezza, è una enciclopedia che non riesco a leggere interamente, è un regalo che non vedo l'ora di scartare.
L'allenamento nella mia solita palestra, invece, non ha più lo stesso sapore di prima.

Se potessi utilizzare dei segnalibro, virtuali, sulla lezione di giovedì, li porrei sui seguenti capitoli:
  • Il ritorno in guardia. Colpire con tutto il corpo deve lasciar posto all'agilità del ritorno in guardia nel più breve tempo possibile, per far scattare la prossima sequenza. Allo stesso modo, la difesa da un colpo deve lasciar posto ad un possibile attacco. Tutte le tecniche che ho visto finora (poche) partono comunque da un'ottima posizione di guardia, che permette di difendere ed attaccare con eguale velocità. Guardia sciolta, non rigida!
  • Lo spirito del Dojo. La perdita di sapidità dei normali allenamenti (li chiamerei allineamenti anziché allenamenti) è scoprire che nel Dojo hai tante persone che ti aiutano, anche quando ti fanno male. Ti aiuta il Sensei (il Maestro). Ti aiutano i tuoi compagni di sudore quando ti incitano a fare meglio e dare tutto te stesso. E, grazie a tutti questi stimoli, ti aiuti anche un po' da solo.
Gli allenamenti in palestra, da solo, non saranno più gli stessi.

Wednesday, September 16, 2009

Firth of Fifth

Grazie alla lezione di ieri ho ripreso (quasi tutta) la funzionalità delle braccia che era magicamente evaporata a 36 ore esatte dall'allenamento di sabato mattina.

Queste poche lezioni (sei, a partire dalla zero) mi hanno mostrato le aree di apprendimento da ricordare, in base alla struttura della lezione (riscaldamento, tecnica, esercizi fisici, stretching) ed in base ai miei limiti oggettivi.

  • Gestire meglio il riscaldamento dinamico ed utilizzarlo per sviluppare la coordinazione dei movimenti che sarà utile per la fase tecnica, e per ricordare meglio quello che viene spiegato dal Sensei.
  • Memorizzare i nomi (e, soprattutto, i movimenti) delle tecniche che di volta in volta vengono illustrate. La coppia nome-valore (denominazione e movimento) mi può aiutare nelle sequenze dove le tecniche sono multiple.
  • Gestire la terza fase. Non riesco ad eseguire l'allungamento gambe come voglio, e vorrei fare qualcosa in più. Inoltre devo eseguire addominali, addominali, addominali, addominali (si è capito?).

Monday, September 14, 2009

Go Fourth

Questo post sarà breve, non riesco a muovere bene le braccia... :-)...
E, comunque, ha vinto il sacco.

Friday, September 11, 2009

Third Eye

Il quarto allenamento [partendo dallo zero, il terzo :-)] mi ha fatto capire quanto sono lento e goffo grazie ad una telecamera posizionata in maniera inconsulta con l'approvazione del Sensei. Quello che per me sembra accadere a Velocità Smodata ("Ludicrous Speed", ricordate Balle Spaziali?) in realtà è un semplice slo-mo alquanto mortaccino (termine preziosamente estratto dal dizionario di Cambridge).
I movimenti di braccia e gambe che (io immagino) minacciosamente mulinano pronte per la battaglia sono in realtà movenze Chapliniane viste a 2 o 3 frames al secondo.
Sono costantemente affetto da rigor vitae (e quindi tendo a spezzarmi o a rimanere incastrato), non sono tonico e (soprattutto) sono leeeeeeeento.
Ogni mossa equivale a tre virgola cinque mosse dell'avversario.
Il percorso davanti a me è molto lungo. Never Surrender, mai arrendersi.
In uno dei prossimi post copierò i le tecniche di base ed i nomi associati, per averle sempre sott'occhio. Il lessico è importante, almeno conosco il nome della tecnica di base che sbaglio :-).

Wednesday, September 9, 2009

Second's Out

Ieri sera la terza lezione. La prima dove ho potuto apprezzare la componente tecnica (leggi: la prima dove sono riuscito a finire la fase di riscaldamento con ossigeno bastante per continuare) e dove il Maestro ha approfondito i "calci circolari". L'esecuzione del movimento deve essere effettuata in maniera fluida, ruotando il piede di appoggio ed estendendo la gamba in modo da colpire la gamba dell'avversario con un punto ben preciso al di sotto del ginocchio, che è considerato il punto più forte del corpo in quella posizione.
La guardia deve essere sempre attiva, e sciolta.
Da tenere a mente il suggerimento del Sensei: una guardia rigida, come tutte le cose rigide, tenderà a spezzarsi.

Friday, September 4, 2009

Force One.

Ieri sera il secondo allenamento, desiderato e temuto. Desiderato per cercare di sciogliere le gambe oramai ridotte a quelle del Pinocchio di Collodi, temuto per la paura di continuare a camminare al rallentatore.

Ho compreso qualcosa di più riguardo i miei limiti. Il riscaldamento dinamico è molto impegnativo, e mi lascia poca lucidità mentale per affrontare la parte tecnica e gli esercizi finali.
Devo abituarmi ad una partenza più sciolta e calibrare le forze per arrivare, lucido, fino alla fine.

Ieri sera ho anche capito l'utilità del bendaggio sulle mani :-) ... mai iniziare senza. Il sacco fa male, dopo i primi colpi salta anche del prezioso tessuto epiteliale.

Thursday, September 3, 2009

Day Zero (+2)

Inizio questo blog con due giorni di ritardo, anche dovuti alla valutazione dell'opportunità di trasferire le prime impressioni, le sensazioni ed i pensieri su carta (o equivalente fotonico) relativi all'UPA (Ultima Pazza Avventura). Parte di me nutre ancora qualche sano dubbio sulla riuscita di questa iniziativa, mentre l'altra parte sfrigola, sogghigna, sbuffa e saltella in attesa dell'allenamento di stasera.

[Stacco - Flashback Martedì 1° Settembre, 2009]
(Ben) consigliato dal Sensei (il maestro, un collega di cui ho stima) e da un recente discepolo (altro collega, eguale stima) mi presento, inerme-implume-imbelle, all'inizio dell'anno accademico 2009-2010 Shinseikai Karate (Full Contact) per la prima lezione.
Non so nulla di questa disciplina, ho solo le sincere e passionali informazioni del discepolo e qualche indizio che il Sensei mi regala lasciando a me la decisione di provare ed eventualmente di partecipare al corso aperto a tutti.

Arrivo quando gli agonisti svolgono l'allenamento, e faccio di tutto per non farmi vedere, riuscendoci benissimo (la sopravvivenza è l'istinto chiave nei bipedi basati su carbonio). I minuti passano veloci, mi vesto (non sono richieste le protezioni, almeno per le prime volte) ed in breve arriva il momento cruciale (speravo che l'attesa durasse un po' di più).

Non ricordo di aver avuto una esperienza simile in vita mia. La prima parte, mi viene spiegato, è riscaldamento dinamico, che equivale, per se, ad un abbondante allenamento a base di movimenti, flessioni, estensioni di membra, muscoli, legamenti e parti del corpo che - lo confesso - non ho mai utilizzato.

La seconda parte è dedicata alla tecnica, di cui non conosco i rudimenti (non ho mai combattuto nè praticato arti marziali) e che mi vedono goffo, lento e fuori tempo.

Verso la fine perdo lucidità, qualcuno (credo il Sensei) chiama la fine della lezione e riesco, dopo il saluto al maestro, a strisciare fino agli spogliatoi della palestra. Grazie a Santa Pupa, protettrice dei bambini, degli inetti e dei Noobs riesco a comandare nel giusto ordine le leve dell'autovettura, fermarmi al sushi-bar viciniore e mangiare tekka maki e sashimi, reso radioattivo da quantità di wasabi bastanti per l'intero Decumano Est.

Camminando piano piano, con piedi sottoposti a fucilazione preventiva da vesciche opportunamente formatesi durante il training, riesco anche a comprare la Connettivina e bende in una farmacia notturna vicino casa.

E' ora di dormire.

[Stacco - Flashforward Mercoledì 3 Settembre, 2009]
Dopo 36 ore dal primo allenamento, devo ridefinire il concetto di essere in forma. Non riesco ad alzarmi dal letto, il mio camminare, intervallato da lamenti molto poco Yoga, è il giusto mezzo tra Robocop e uno strafatto alcolico. Dove i tendini non causano dolore, ci pensano le vesciche. Ancora devo iniziare il mio percorso, ma la 'presentazione' di quello che mi aspetta non sembra affatto male :-). Voglio continuare, se il corpo me lo permette.

Mentre mi vesto a velocità bradipo, mi salta in mente di registrare queste sensazioni su di un blog. Non per altri, ma per me. Non voglio scordarle.
E mi ripeto: spero di poter imparare molto. Sugli altri, su di me, su quanto sia necessario ed inevitabile continuare ad apprendere, in qualsiasi punto della propria vita. Imparare e ridefinire la pazienza, la perseveranza, la voglia di superare se stessi.
E stasera si continua: 押忍 !!

Grazie, Sensei, e grazie a Dario.